Cento anni fa nasceva l’uomo che ha digitalizzato il mondo con il microchip

Poco più di 100 anni fa, l’8 novembre 1923, a Jefferson City, nello Stato del Missouri, nasceva Jack St. Clair Kilby, l’ingegnere che sarebbe diventato il padre del microchip. 

Wisconsin, Kirby iniziò a lavorare nel settore e nel 1958 inventò il primo circuito integrato, conosciuto anche con il nome di microchip, composto da circa dieci componenti elementari.

Un’invenzione da condividere con Robert Noyce che produsse i primi microchip nello stesso periodo utilizzando il silicio come semiconduttore a differenza del germanio scelto da Kilby. Da questa tecnologia rivoluzionaria nascerà il primo microprocessore, l’intel 4004, sviluppato dall’italiano Federico Faggin nel 1968.

65 anni dopo l’invenzione, i microchip sono diventati indispensabili per la vita di tutti i giorni, veri e propri pilastri dell’era digitale che stiamo vivendo. Della continua ricerca di digitalizzazione e innovazione si è parlato al Richmond It director forum, organizzato da Richmond Italia a Rimini dal 12 al 14 novembre scorsi. È stato un momento di incontro tra la domanda e l’offerta di prodotti, servizi, soluzioni e progetti che coinvolgono i responsabili delle scelte informatiche e tecnologiche delle aziende italiane.

Il mercato dei circuiti integrati sta vivendo un 2023 non semplice destinato a chiudersi, secondo Statista, con ricavi pari a 443 miliardi di dollari, un calo del -12% rispetto ai 504 del 2022. Le prospettive, però, sono positive, e già nel 2024 si dovrebbe tornare ai 500 miliardi di dollari per poi, nel 2027 raggiungere i 600 miliardi con un tasso composto di crescita annuo del +7,8%. Crescerà anche il mercato italiano, destinato a sfiorare gli 1,5 miliardi di dollari nel 2027, con un tasso composto di crescita annuo del +5,7% rispetto a quest’anno. A favorire questa crescita, oltre ai risultati della Cina, leader del settore grazie alla grande quantità di prodotti elettronici di consumo, di elettronica industriale e automobilistica, anche gli sforzi che stanno facendo gli Stati Uniti e i paesi europei per migliorare la quota di produzione nazionale.

Tra queste ci sono i costi iniziali elevati per l’introduzione di nuove tecnologie e la necessità di formare il personale e abituarlo alle novità. Non vanno poi dimenticati i rischi legati alla sicurezza informatica, con la possibilità di esporsi a minacce come malware e furti di dati. Per questo è fondamentale adottare prontamente le giuste misure di sicurezza per difendersi da eventuali attacchi. Integrare i sistemi esistenti alle nuove tecnologie è un altro processo che può richiedere tempo, mentre bisogna fare attenzione al rispetto delle leggi vigenti, soprattutto per quanto riguarda le normative sulla privacy. Tutte sfide che vanno affrontate strategicamente con investimenti appropriati e il giusto coinvolgimento dei dipendenti in modo da ottenere una transizione di successo.

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